ISSN 2724-1106

Art. 301. Morte o impedimento del procuratore.

Art. 301. Morte o impedimento del procuratore.

  • 1 Agosto 2022

Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso.

In tal caso si applica la disposizione dell’articolo 299.

Non sono cause d’interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa.

 

Sommario: 1. Introduzione alla norma. 2. Gli eventi interruttivi e la perdita dello ius postulandi. 3. L’interruzione “automatica” per impedimento dell’avvocato. 4. Il caso della parte costituita con l’assistenza di più avvocati. 5. Mancata osservanza dell’interruzione e nullità degli atti. 6. Prosecuzione o riassunzione della causa.

 

1. Introduzione alla norma.

– L’art. 301 c.p.c. disciplina il caso dell’interruzione del processo per “morte, radiazione o sospensione” dell’avvocato che assiste una delle parti costituite. Interruzione che, nella specie, si determina “automaticamente” nel momento stesso in cui l’evento si verifica e a prescindere che del medesimo il giudice o le parti ne abbiano notizia.

La fattispecie ha proposto molteplici interrogativi in dottrina e giurisprudenza; e, di recente, si è, anche riassuntivamente affermato (13976/2022 → FI 22 – Califano) che, «la morte (come la radiazione o la sospensione dall’albo) dell’unico difensore a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito, determina automaticamente l’interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne hanno avuto conoscenza(e senza quindi che occorra, perché si perfezioni la fattispecie interruttiva, la dichiarazione o la notificazione dell’evento), con preclusione di ogni ulteriore attività processuale che, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza. L’irrituale prosecuzione del giudizio, nonostante il verificarsi dell’evento interruttivo, può essere dedotta e provata in sede di legittimità, ma soltanto dalla parte precedentemente assistita dall’avvocato colpito dal predetto evento, a tutela della quale sono poste le norme che disciplinano l’interruzione; non potendo quest’ultima essere rilevata d’ufficio dal giudice, né eccepita dalla controparte come motivo di nullità della sentenza». Principii questi, che ribadiscono orientamenti costanti della Corte di cassazione.

 

2. Gli eventi interruttivi e la perdita dello ius postulandi.

Per espressa previsione dell’articolo in commento determinano, dunque, l’interruzione del processo la morte, la radiazione o la cancellazione dall’albo dell’avvocato che assiste(va) una delle parti costituite in giudizio. Non anche la rinuncia o la revoca del mandato. Ed infatti, ai sensi dell’art. 85 c.p.c., sebbene la procura possa essere sempre revocata o il difensore possa rinunciarvi, entrambe le fattispecie «non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore».

A leggere come tassativamente qui elencati gli eventi capaci di interrompere il processo resterebbe fuori il caso della cancellazione (volontaria o per incompatibilità) dall’albo professionale. Fattispecie, questa, che ha destato non poche perplessità in dottrina e notevoli oscillazioni giurisprudenziali. Ma, visto che anche l’avvocato cancellato dall’albo, quale che ne sia la ragione, perde lo ius postulandi, abbandonata la pretesa tassatività dei casi previsti dalla norma in commento, sembra oggi correttamente prevalere, in giurisprudenza, l’assimilazione dell’evento in parola a quelli capaci di determinare l’interruzione del processo (13244/2014, n. 13244. In tal senso v., anche riassuntivamente, Ghirga, 202 ss.).

Posto, poi, che gli avvocati e procuratori dipendenti di enti pubblici ed iscritti nell’albo speciale annesso all’albo professionale sono abilitati al patrocinio esclusivamente per le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera, la cessazione del rapporto di impiego, determinando la (sopravvenuta) mancanza di legittimazione a compiere e a ricevere atti processuali relativi alle cause proprie dell’ente, comporta anch’essa il totale venir meno dello ius postulandi per una causa equiparabile a quelle elencate dall’art. 301 c.p.c., con conseguente interruzione dei processi in cui gli stessi siano costituiti (20361/2008; 11521/2007).

Ad ogni modo, quando, nel corso del giudizio, l’avvocato perda lo ius postulandi, e, dunque, il processo sia “automaticamente” interrotto, nessun effetto può determinarsi in conseguenza di attività di controparte a lui diretta. E così: non vale a far decorrere il termine breve di impugnazione l’eventuale notificazione della sentenza perfezionata dalla parte pur ignara dell’evento, presso il procuratore intanto deceduto.

 

3. L’interruzione “automatica” per impedimento dell’avvocato.

Tra le diverse specie di interruzione del processo regolate dagli artt. 299 ss. c.p.c. (norme che, per giurisprudenza costante, non si applicano nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione: 22344/2019; 19122/2009) quella qui in esame si determina, dunque, immediatamente, nel momento stesso in cui l’avvocato è colpito da uno degli eventi espressamente indicati nel comma 1, indipendentemente dalla conoscenza che dell’evento abbiano (avuto) le parti e il giudice: conforme l’orientamento di gran lunga maggioritario: 1574/2020, n. 1574; 28846/2018; 21002/2017; 3279/1997, n. 3279 → FI 22, 2236, – Caponi. In senso opposto v., però, 5923/1991, per la quale, nella specie, l’interruzione si verificherebbe soltanto con la legale conoscenza dell’evento interruttivo.

 

4. Il caso della parte costituita con l’assistenza di più avvocati.

L’interruzione non si verifica, però, se la parte è costituita con l’assistenza di più avvocati, con mandato disgiunto, soltanto uno dei quali è rimasto colpito dall’evento (2052/1997, 2577/2003, n. 2577).

 

5. Mancata osservanza dell’interruzione e nullità degli atti.

Gli atti del processo eventualmente compiuti in spregio dell’avvenuta interruzione sono affetti da nullità. Nullità che si converte in motivo di impugnazione della sentenza.

Non v’è dubbio che gli atti e provvedimenti successivi alla mancata interruzione, siano, nella specie, affetti da nullità (1574/2020; 28846/2018; 24271/2013; 6061/2000). E, per la riserva dell’eccezione alla parte non più assistita, e non anche alla controparte o al rilievo di ufficio: 17199/2016; 25234/2010, n. 25234. Per la conversione del vizio in motivo di gravame, e, dunque, per il rispetto dei relativi termini (breve o lungo) di impugnazione: 28846/2018. Per la deducibilità e prova in sede di legittimità dell’irrituale prosecuzione del processo interrotto automaticamente ai sensi dell’art. 301 c.p.c.: 21002/2017.

Tuttavia, per orientamento costante anche di recente ribadito (13976/2022 cit.), la violazione delle norme sull’interruzione del processo determina la nullità di tutti gli atti compiuti successivamente al verificarsi dell’evento interruttivo (o alla dichiarazione o notificazione di esso, secondo i casi di cui agli artt. 299 ss. c.p.c.); ma, trattasi di nullità relativa eccepibile, ex art. 157 c.p.c., soltanto dalla parte nel cui interesse sono poste le norme sull’interruzione e, cioè, dalla parte colpita dall’evento interruttivo (24762/2007).

 

6. Prosecuzione o riassunzione della causa.

A seguito delle sentenze della corte costituzionale n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971 e n. 36 del 1976, il termine per la riassunzione o prosecuzione del processo interrotto per morte del procuratore costituito di una delle parti in causa decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui la parte interessata alla riassunzione abbia avuto di tale evento conoscenza legale, mediante dichiarazione, notificazione o certificazione (2008, n. 24857/2008), ovvero a seguito di lettura in udienza dell’ordinanza di interruzione (2015, n. 3782/2015). Conoscenza legale, si è detto, idonea a far decorrere il termine per la riassunzione anche in relazione a distinti giudizi, pendenti tra le medesime parti, in cui una di queste era patrocinata dal medesimo difensore colpito dall’evento (13900/2017).

Non è dunque sufficiente la conoscenza aliunde acquisita. Ne consegue che il termine per la riassunzione o prosecuzione non decorre contemporaneamente nei confronti di tutte le parti (3085/2010); e che l’onere di provare la legale conoscenza dell’evento in data anteriore al termine per la riassunzione o la prosecuzione incombe sulla parte che ne eccepisce l’intempestività, non potendo farsi carico all’altra dell’onere di fornire una prova negativa (19122/2009).

 

 

Bibliografia nel testo: G.P. CALIFANO, Sugli atavici problemi delle norme sulla interruzione del processo di cognizione, in FI, 2022, 2002. Per trattazioni organiche v. M.F. GHIRGA, Dell’interruzione del processo, Commentario del codice di procedura civile, a cura di S. Chiarloni, Bologna, 2014 e, seppur datate ma ancora valide quanto agli innumerevoli problemi che desta la disciplina di cui agli artt. 299 a 305 c.p.c., coi relativi e non di rado oscillanti orientamenti giurisprudenziali, v. C. PUNZI, L’interruzione del processo, Milano, 1963, G.P. CALIFANO, L’interruzione del processo civile, Napoli, 2004 e A. SALETTI, voce Interruzione del processo, Enc. giur. XVII, Roma, 1989.

 

 

Commento di Gian Paolo Califano, licenziato il 1° agosto 2022

 

 

 

 

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